Netflix ci porta, con una docu-serie in cinque puntate, dentro uno dei casi di cronaca nera italiani più famosi di sempre, scendendo nei particolari e cercando di essere il più obiettiva possibile.
Faccio una premessa importante: nel mio sito cerco di raccontarvi – secondo il mio parere personale – ciò che leggo, guardo o videogioco, nel modo più scorrevole e simpatico possibile, come se fosse una chiacchierata tra amici. I toni con cui scrivo sono sempre, ove possibile, ironici e spensierati, ma in questo caso è inevitabile allontanarmi dai soliti stilemi.
La cronaca nera è sempre stata una delle mie passioni (probabilmente trasmessa da mia madre) e sono tanti i casi su cui cerco di documentarmi, leggere e approfondire. Il Mostro di Firenze, la scomparsa di Emanuela Orlandi o la strage di Erba, i casi italiani con presunti errori giudiziari o con misteri talmente intricati da sembrare irrisolvibili sono tanti. Anche la scomparsa – poi diventata omicidio – di Yara Gambirasio è stato per tanti anni un caso di cronaca nera senza una luce in fondo al tunnel, fino all’arrivo del DNA di Ignoto 1.
Yara
Probabilmente, anzi sicuramente, tutti gli italiani hanno sentito parlare almeno una volta di Yara, la ragazza scomparsa a Brembate di Sopra il 26 novembre 2010 e ritrovata senza vita il 26 febbraio 2011. La sua storia è stata raccontata tante e tante volte, questa volta alla regia della docu-serie Netflix abbiamo Gianluca Neri (ideatore tra le altre cose di Sanpa: Luci e tenebre di San Patrignano) che cerca di sviscerare un caso tanto complesso, non fornendo però risposte ma fornendo allo spettatore gli strumenti necessari per interrogarsi sulle proprie certezze o per confermare le proprie convinzioni.
Nella serie troviamo un mix tra servizi giornalistici, materiali vari, testimoni, giornalisti e famigliari del condannato, il tutto messo in scena con continui salti temporali, dal giorno della sparizione a quello dell’arresto di Massimo Bossetti, l’unico condannato di tutta la vicenda.
È proprio Bossetti la novità che Netflix porta sullo schermo, riuscendo ad intervistare dal carcere il presunto colpevole del terribile omicidio di Yara. Durante il suo racconto nella docu-serie, il condannato all’ergastolo sembra in uno stato di incertezza costante, sconvolto ancora dalla sentenza e da tutte le verità che ha scoperto grazie, o per colpa, di quel DNA trovato sugli slip della povera vittima.
Il talento del regista sta nel non prendere posizione, riuscendo però ad incastrare bene i pezzi di un puzzle praticamente infinito, sapendo che non farà cambiare la sentenza e che non renderà giustizia, tutto quello che viene raccontato è in funzione e in onore di Yara, praticamente un omaggio alla sua breve vita.
Senso critico
Guardando questa docu-serie è davvero difficile distrarsi, sia per l’altissima qualità di fotografia, perfetta per il contesto, sia per il materiale messo in mano al pubblico. Intercettazioni telefoniche mai uscite prima, interventi di Marita, moglie di Massimo Bossetti e tutto il contorno di una storia crudele gettano lo spettatore in una trance che fa rivivere i ricordi di quei giorni, mesi e anni di indagini, notizie e inchieste, stimolando un processo critico, senza però suggerire le risposte.
Il caso di Yara rispecchia perfettamente la gelida e buia notte dove la ragazza scomparve e che rese Brembate di Sopra la città più famosa in Italia. Il senso di lutto, di disperazione e di mistero durante i cinque episodi è scandito in maniera perfetta ed è impossibile non immedesimarsi o non essere turbati al pensiero del corpo della prova vittima rimasto per mesi chissà dove. Visivamente, nella serie è l’oscurità a padroneggiare la luce, come per dimostrare che, nonostante la sentenza definitiva, non ci sono vincitori o vinti, ma solo un cadavere che, forse, non ha ancora avuto giustizia.
La musica, che riesce a creare un rapporto empatico con lo spettatore, è perfettamente bilanciata con gli interventi non solo degli avvocatori difensori, ma anche di quelli accusatori. Questo a dimostrare ancora una volta l’imparzialità e la voglia dell’autore di raccontare e di intercettare ricordi, informazioni e sensazioni di quei giorni lontani ma che ancora suscitano orrore.
DNA
Inutile negarlo, l’ago della bilancia in questo omicidio è stato il DNA di Ignoto 1 trovato sugli slip del cadavere, ormai irriconoscibile, di Yara. Ed è proprio qui che la docu-serie pone un accento marcato, dopo aver raccontato nei primi due episodi, la storia della scomparsa della ragazza.
Con interventi del medico legale occupatosi dell’autopsia, dei giornalisti presenti e di tutto ciò che prima non si era mai visto e sentito, il giudice di questa storia controversa e maledetta diventa lo spettatore, a cui il regista concede il potere di poter creare creare nella propria mente una sua verità. Dopo aver visto questo prodotto diventerete un archivio di dati e conoscerete tutto, o quasi, di Brembate di Sopra.
Tutto o quasi perché, probabilmente, tutta la verità difficilmente salterà fuori. Se Bossetti è innocente o colpevole probabilmente lo sanno lui, Yara, e altre poche persone che non parleranno mai. E allora non resta che completare il puzzle e farci una nostra idea, una nostra verità e una nostra giustizia perché, probabilmente, la povera Yara non la avrà mai completamente.
Il Caso Yara – Oltre ogni ragionevole dubbio è una docu-serie di pregio, che con attenzione maniacale ai dettagli mostra le tante ombre e le poche luci in un caso che ancora chiede una giustizia assoluta. Se cercate un racconto che con obiettività racconta uno dei più eclatanti misteri italiani, il regista Gianluca Neri ha costruito un prodotto perfetto per permettervi di formulare un vostro giudizio ed una vostra soluzione.
PRO ♥
- Racconta la storia in maniera obiettiva
- Intervista a Massimo Bossetti
- Permette allo spettatore di farsi una sua idea stimolando il senso critico
CONTRO 💔
- Qualcuno potrebbe trovarlo troppo pro Bossetti
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